Il nostro cervello, pur pesando poco più di un chilo, contiene circa cento miliardi di cellule nervose e neuroni in grado di elaborare una quantità enorme di informazioni in una frazione di secondo.
All’interno del nostro cervello sono presenti tre aree che sono progettate per operare in modo coordinato, ma ciascuna area comprende ed elabora l’informazione in un modo particolare.
Il cervello rettile è il più antico dei tre, è collocato nella parte posteriore della testa e si chiama così perché include le strutture fondamentali del tronco encefalico e del cervelletto che sono già presenti nei rettili. Alla nascita questa parte del cervello è già matura perché è necessaria alla sopravvivenza e controlla tutte le attività che i bambini appena nati possono fare: mangiare, dormire, piangere, respirare, percepire la fame, il caldo, il freddo, il dolore, urinare, defecare etc. Ha cioè a che fare con tutte le funzioni automatiche del corpo e dei riflessi istintivi di risposta al pericolo (attacco, fuga, congelamento, grido di aiuto).
Il cervello limbico si trova sopra il cervello rettile e serve per collegarlo con la neocorteccia. Si chiama anche mammalianoperché lo possiedono tutti gli animali che vivono in gruppo e che si prendono cura dei loro piccoli alla nascita. Il cervello limbico è la sede delle emozioni, ci informa se uno stimolo è piacevole o spaventoso e pericoloso, ci dice che cosa ci piace e cosa invece non gradiamo, cosa per noi è emotivamente significativo, ci fa sentire attratti da qualcosa o ci fa avere l’impulso ad allontanarcene, permette di mantenere ricordi emozionali delle nostre esperienze. Il cervello limbico è essenziale per stringere delle relazioni, è infatti l’area del cervello responsabile del comportamento di attaccamento del bambino alle figure che si prendono cura di lui.
Lo sviluppo di quest’area del cervello inizia dopo la nascita e si plasma con l’esperienza. I circuiti che si attivano con più frequenza vengono infatti rafforzati e si trasformano in uno schema predefinito, cioè nella risposta che con maggior probabilità verrà innescata da uno stimolo. Quando ci si sente amati il cervello si specializzerà nel gioco, nell’esplorazione e nella cooperazione. Se invece si è più spesso spaventati, il cervello diventerà esperto nel gestire sentimenti di abbandono e paura.
La neocorteccia è l’area più recente ed estesa del nostro cervello che si trova nella sua parte superiore. A partire dai due anni, i lobi frontali, che costituiscono gran parte della neocorteccia, cominciano a svilupparsi in modo rapido fino a circa vent’anni. Le funzioni che appartengono a quest’area del cervello sono: il linguaggio, il pensiero astratto, il progettare, riflettere, immaginare e creare scenari futuri, prevedere le conseguenze di un’azione, essere creativi, prendersi cura di sé e degli altri etc.
lo sviluppo del cervello dipende dal tipo di cure ricevute dalle figure di attaccamento, cioè dalle persone che si sono occupate di noi dalla nascita. I bambini nascono già dotati di quasi tutte le cellule cerebrali, ma queste sono ancora prive di connessioni con i cervelli sottocorticali. Il cervello di un bambino è dunque immaturo e vulnerabile alle condizioni ambientali. Il tipo di cure ricevute determinano la formazione delle vie neurali che regolano l’attivazione fisiologica (arousal), gli impulsi e le emozioni.
Alla nascita sono disponibili milioni di possibili percorsi neurali, ma solo i collegamenti tra le cellule che vengono usate più spesso e ripetutamente verranno rinforzati, mentre gli altri verranno eliminati o resteranno poco sviluppati.
Il cervello rettiliano insieme al cervello limbico costituiscono il “cervello emotivo” il cui compito fondamentale è quello di curare il nostro benessere. L'amigdala è una parte del nostro cervello limbico che può essere considerata un rilevatore di fumo in grado di accorgersi molto rapidamente di un pericolo incombente per la nostra sopravvivenza e di far attivare automaticamente il corpo, ancora prima di essere consapevoli del pericolo stesso e di realizzare che cosa stia accadendo.
L’amigdala riceve dal talamo le informazioni sensoriali (occhi, naso, orecchie e pelle) sul mondo esterno e, in presenza di una minaccia, invia un messaggio istantaneo all’ipotalamo e al tronco encefalico (cervello rettiliano) che secernono l’ormone dello stress (cortisolo e adrenalina) in modo tale che il sistema nervoso organizzi una risposta in tutto il corpo aumentando la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e la frequenza respiratoria. Il corpo si prepara quindi a fuggire, a nascondersi, ad attaccare o a combattere oppure, nel caso in cui nessuna di queste soluzioni sia possibile, si congela. Se le risposte di attacco/fuga/congelamento hanno successo, e quindi la persona è riuscita in qualche modo a fronteggiare l’evento e a proteggersi, gradualmente il corpo può ritornare in uno stato di normalità.
Nel caso in cui, invece, questa risposta fisiologica per qualche motivo è impedita e la persona non può mettere in atto reazioni efficaci, il cervello continua ad inviare segnali di una minaccia anche in assenza di pericolo e il corpo resta intrappolato in uno stato di shock in cui sono continuamente presenti uno stato di attivazione e di agitazione.
In una condizione di tranquillità emozioni e ragione collaborano ed entrambe contribuiscono al nostro benessere: le emozioni attribuiscono un valore all’esperienza e guidano le scelte razionali.
Tuttavia, Tutte le volte che il cervello emotivo si accorge che la nostra sopravvivenza è a rischio, come quando siamo arrabbiati con qualcuno o amiamo una persona irraggiungibile o temiamo di essere abbandonati, la comunicazione con i lobi frontali diventa molto difficile.
Se in una situazione minacciosa non si è troppo agitati e si riesce a stare per qualche momento con i propri pensieri ed emozioni, i lobi frontali possono interrompere la risposta allo stress attivata dall’amigdala e avere il tempo di osservare ciò che sta succedendo, organizzare e modulare le reazioni automatiche attivate dal cervello emotivo per produrre delle risposte più consapevoli. Mantenere la calma ci permette quindi di scegliere la modalità di risposta migliore.
Quando questo sistema non funziona e i lobi frontali perdono la loro capacità inibitoria, al minimo pericolo si entra automaticamente in modalità attacco/fuga e si “perde la testa” per tutto, da un suono acuto ad una minima frustrazione.
Per affrontare lo stress è necessario un equilibrio tra il cervello emotivo e quello razionale.
Il cervello offre due vie per gestire le emozioni: si possono regolare dal basso verso l’alto (bottom-up) o dall’alto verso il basso (top-down).
Dall’alto verso il basso, ovvero usando la nostra capacità di analisi, possiamo osservare gli elementi correlati ai cervelli sottocorticali e provare a comprendere e accettare l’informazione proveniente da ciascuno di essi, con curiosità e non giudizio. Possiamo ad esempio chiederci: cosa mi sta succedendo in questo momento? Possiamo esaminare il battito cardiaco, il respiro, le sensazioni, gli impulsi (cervello rettile); ascoltare le emozioni (cervello limbico) e i pensieri e le conclusioni a cui siamo arrivati (neocorteccia). Di fronte ad una situazione che ci spaventa e fa aumentare i battiti del nostro cuore, accelerare il respiro e tendere i muscoli, possiamo rassicurarci dicendoci che sono i segnali che il nostro cervello rettile si sta preparando all’azione. Possiamo accorgerci della paura e dirci che è l’espressione del nostro cervello limbico, e che si tratta di un’emozione e non di un fatto.
La consapevolezza top-down ci aiuta a diventare consapevoli delle reazioni del nostro corpo. Una regolazione bottom-up, cioè dal basso, ci permette di intervenire direttamente su di esso facendo ad esempio esercizi di respirazione per rilassare il corpo contratto e calmare il battito cardiaco accelerato, oppure cambiare postura e aumentare il senso di presenza e connessione con esercizi di radicamento.