Il primo attacco di panico è un evento improvviso che sopraggiunge inaspettatamente durante momenti di vita quotidiana: mentre ci si trova in fila al supermercato, alla guida della propria automobile, sul divano al termine di una giornata di lavoro.
È un avvenimento che tratteggia una sorta di linea immaginaria tra un prima e un dopo nella vita di una persona. Se fino a quel momento era stato possibile destreggiarsi tra vecchie ferite mai curate e nuovi problemi, mantenendo un equilibrio precario ma pur sempre adattivo, un attacco di panico è così sconvolgente da non poter essere trascurato.
Il corpo diventa protagonista assoluto, teatro di sintomi così forti da poter indurre la persona che li prova a richiedere un intervento medico urgente con la convinzione che stia per morire o per impazzire. Benché l’esperienza vissuta sia molto spaventosa, l’attacco di panico non è pericoloso e non espone ad alcun rischio effettivo.
Inizia con una sensazione improvvisa di paura molto intensa, raggiunge il picco velocemente e termina dopo circa 20-30 minuti lasciando la persona spossata, confusa e bisognosa di aiuto. Generalmente dopo un primo episodio se ne verificano altri con una frequenza non prevedibile. Chi ne soffre è così spaventato all’idea di rivivere la stessa esperienza da avere delle ripercussioni sulla sua qualità di vita. È frequente, infatti, che arrivi a modificare il proprio comportamento iniziando a evitare determinati luoghi, oppure a frequentarli solo se accompagnato da qualcuno di fiducia. Nei casi più gravi la persona si isola e preferisce non uscire più di casa.
L’intensa paura che si prova durante uno di questi episodi attiva nel cervello un sistema di allarme di cui l’essere umano è biologicamente dotato per proteggersi dai pericoli. Quando percepiamo una minaccia i nostri corpi entrano nella cosiddetta modalità attacco-fuga, regolata dal sistema nervoso simpatico, che ci permette di prepararci automaticamente all’azione immediata innescando dei cambiamenti fisiologici, comportamentali e cognitivi. Questi cambiamenti rappresentano la tipica sintomatologia che caratterizza questo disturbo:
Cosa fare durante un attacco di panico
Quando ci troviamo nella modalità di emergenza di “attacco-fuga” non siamo in grado di fare dei ragionamenti e dei pensieri tranquillizzanti perché la parte evoluta del nostro cervello è “spenta” e non può venirci in soccorso. Quindi, anche se a “mente fredda” sappiamo che di attacco di panico non si muore, nel momento in cui ci troviamo nell’occhio del ciclone servirà a poco ricordarcelo.
Durante un attacco di panico è invece possibile praticare degli esercizi corporei che aiutino a ristabilire uno stato di quiete. Ecco due esempi:
Il respiro è un nostro grande alleato in grado di calmarci: il respiro lento, profondo e addominale attiva il sistema parasimpatico, cioè la parte del sistema nervoso che stimola il recupero di energia, la digestione e il riposo e funge da freno al sistema simpatico che, al contrario, è collegato a un respiro veloce e superficiale.
Trova una posizione rilassata, chiudi gli occhi e focalizza l’attenzione sulla parte del corpo dove è più facile sentirlo (l’addome, il torace oppure il bordo delle narici) e piano piano allunga i tempi di inspirazione e di espirazione. Per qualcuno può essere di aiuto contare, altri si troveranno più a loro agio con altre strategie come, per esempio, immaginare il ritmo di un’onda del mare che si infrange sulla riva.
Un altro esercizio che può essere praticato durante un attacco è il grounding, che vuol dire radicamento. Questa tecnica può essere attuata in qualsiasi momento e circostanza e aiuta a sentirsi consapevolmente in contatto con il proprio corpo.
Dopo aver trovato una posizione comoda, chiudi gli occhi, ascolta il ritmo del respiro che si fa sempre più lento e regolare. A questo punto rivolgi l’attenzione ai piedi e nota il contatto della pianta del piede con il pavimento. Immagina che dai piedi partano delle radici che scendono dentro al terreno, sempre più in profondità, e che grazie a queste radici tu possa trarre un senso di stabilità e di ancoraggio. Continua a respirare in modo lento e regolare per tutta la durata della pratica.